CIOFFI, LO SPAZIO EMOTIVO DELLA PITTURA
Per Raffaele Cioffi la pittura si pone assai prima del suo essere una pratica artistica, è sentita e vissuta con l’intensità che si prova per un evento decisivo della propria vita. Della sua passione sono stato testimone precoce, avendolo avuto come studente di Storia dell’Arte Contemporanea a Brera. Ricordo perfettamente la predilezione per Rothko e Newman, artisti che lasceranno una traccia evidente nei primi anni del suo lavoro. Sulla convinzione di procedere non solo con la pittura, ma sulle sue ragioni, mostrandone in qualche modo il senso, le riflessioni, le rielaborazioni, sono imperniate quasi tutte le opere fino agli inizi del duemila.
In quegli anni, oltre un decennio, coscientemente o meno, ma direi con consapevolezza, Cioffi, si pone dei temi che corrispondono alle sue serie di tele intitolate Video, Prospettiva, Prospettiva interiore e, in queste, come prima ho scritto, mostra il senso del problema affrontato. Non considero, infatti, questa pittura come astratta ma, proprio perché dichiara dei temi che sono svolti visivamente, orientata alla descrizione di accadimenti che sono in parte legati a fenomeni fisici e in parte metafisici. L’indagine sembra svolgersi lungo quella linea di confine che distingue i due ordini di fenomeni, riuscendo a farne convergere e tradurne l’esperienza nelle immagini allusive che distinguono questo periodo. Ovviamente non si tratta di riscontri banalmente rappresentativi, ma di svolgimenti intenzionali e, in questo caso, anche ideali, che producono figure. Figure della mente immerse in una visione fenomenica e, dunque, rese percepibili a un più ampio raggio sensoriale. Esemplari per questa situazione sono le tele intitolate Prospettiva e Prospettiva interiore dove, effettivamente, nello spazio pittorico fatto di colore e luce, appare una forma prospettica. Quella forma e le sue differenti manifestazioni, che andranno a occupare molti lavori dell’artista, sono le figure di un’idea non solo astrattamente ideale, ma concretamente immersa nell’elaborazione di un’azione pittorica.
Di quelle serie denominate Prospettiva, è rimasto, anche in seguito e fino agli ultimi lavori, il senso effettivo dell’indagine che interessa a Cioffi, la ricerca di un interno della pittura, la penetrazione oltre la pellicola di superficie per svelare spazialità e luci che riflettono, metaforicamente, lo scavo interiore dell’artista. La prospettiva è, infatti, quella di un oltre da raggiungere e che qui si vuole conseguire con i mezzi propri a una rappresentazione bidimensionale. A questo proposito, non può sfuggire, principalmente in alcune opere del 2003, un’esplicita citazione da Fontana, dove il taglio viene però riassorbito dalla pittura. La lacerazione e la volontà di un superamento dei limiti della tela, imprescindibili per l’artefice del Concetto spaziale, sono elaborati come segni pittorici e ricondotti in uno sfondamento che non esce dalla pittura, ma avanza nel suo interno. La citazione non vuole innescare una polemica, ma è utilizzata per affermare ulteriormente il territorio di questa esperienza e la sua dimensione che è, appunto, tutto interno all’atto pittorico.
Deve essere chiaro che la forte tensione ideale di Cioffi non è dissociata dalla pratica della pittura. È proprio dalla pittura che trae le motivazioni del suo impegno. Se in questa pratica e nella riflessione che comporta, sorgono indicazioni in qualche modo trascendenti, è questione aperta e liberamente interpretabile. Dall’arte è sempre possibile trarre segni che vanno oltre ai puri dati tecnici, storici e delle teorie estetiche, tutto il campo emotivo, comprendendo in questo l’emozione intellettuale, come le implicazioni spirituali, sono oggetto sia del procedimento interpretativo, sia dei significati che l’artista può o meno attribuire al suo lavoro. Se nella mia lettura critica evito di sconfinare nel letterario o nell’ipotetico, ciò non toglie che, in alcuni casi, avverta la possibilità di questa congettura.
Negli anni fino al 2003 Cioffi ha sentito la necessità di affermare e, congiuntamente, confermare a se stesso, quell’impulso interiore che, nel tempo, è divenuto convincimento meditato, sulla profondità non esaurita e forse non esauribile della pittura. Le tele dipinte successivamente non hanno più quell’urgenza affermativa e si concedono un attraversamento incondizionato del colore. Variazioni cromatiche e luminose che scorrono appena sotto la superficie, senza affondi, slanci verso l’interno, come insistentemente facevano i precedenti dipinti che, nella Prospettiva, vedevano l’immagine di un impulso interiore.
Dopo circa due anni, dal 2006, in particolare nelle tele di più piccolo formato, inizia a verificarsi l’introduzione di un differente e, per alcuni aspetti, inatteso tema. Nella consueta, uniforme stesura pittorica, compaiono delle presenze materiche. Una fisicità appunto inattesa, se si pensa agli aspetti smaterializzanti e alla componente spirituale dei lavori di Cioffi, meno imprevista se, al contrario, si tiene presente quell’attenzione per gli accadimenti fisici che, io stesso, ho rilevato all’inizio di questo scritto. In qualche modo si ripropone la situazione bipolare che si è affermata negli anni Novanta, tra la superficie e la profondità del piano, ma se in quelle tele prospettiva interiore e distesa del piano dialogavano con una sostanziale armonizzazione pittorica, in questa nuova circostanza il contrasto esplode con maggiore evidenza.
È ancora il colore l’assoluto protagonista, che qui rivela una delle proprie differenti nature, apparendo, infatti, nella sua condizione di materia. Accanto a un impianto che conserva le caratteristiche distese in cui si alternano luci e ombre, si manifesta la sostanza reale della pittura. Non le immagini costruite o illusorie, ma l’immagine di sé, nello stato originario. L’impasto cromatico, compresso sulla tela, si apre e si rivela nel movimento che lo guida. Un’azione senza incertezze, ma senza gestualità incontrollata, ogni volta il colore si rivela nella maggiore o minore varietà degli elementi che contiene. Spesso l’artista mette a confronto, nella stessa tela, le presenze materiche, in alcuni casi predisponendo la superficie in due campi distinti, così da avere accadimenti diversi sotto un medesimo sguardo.
Questa nuova fase del lavoro di Cioffi, che tutt’ora prosegue, mette in atto, con procedimento opposto a quello iniziale degli anni Novanta, l’esplorazione della pittura nei suoi interni. Lasciato il percorso che si dirigeva verso le profondità racchiuse dalla superficie, trae ora dall’interno del colore la materia che lo genera. Quanto ci viene mostrato nei dipinti attuali è l’affiorare e il rivelarsi di una realtà già presente, ma dissimulata da un diverso uso delle tecniche e, in pratica, resa non visibile. Una sostanza determinante, adesso in primo piano, che va oltre al dato materiale di pasta cromatica, per assumere, ancora una volta, quegli accenni evocativi di un senso ulteriore alla pura meccanica dell’accadere. Un richiamo, anche nelle più recenti tele, che si afferma con forza, in qualche caso occupando l’intera scena. È un’ulteriore fase di svelamento che conferma l’intenzionalità di Cioffi nei confronti della pittura. Quanto diceva Kant: “… lo spazio, intuizione del senso esterno, non è altro che un modo interno di rappresentazione”, sembra appartenere a quegli aspetti della conoscenza che interessano a questo artista. Penso che, in questo senso, sia da ricercare nell’emozione il valore originario delle opere di cui stiamo parlando, e nella sua rilevanza nel costruire un modo di rappresentazione. L’emozione non nasce da teorie e non si apprende da insegnamenti esterni, è internamente vissuta.
Una pittura, dunque, che guarda al mondo, ma lo estende e lo rappresenta nel proprio, più profondo, spazio emotivo.